Centro Servizi Dentali s.a.s. di Marco Sensi & C.
ESAME KINESIOGRAFICO
La consapevolezza del fatto che il movimento mandibolare è permesso e condizionato dallo stato di conservazione delle superfici articolari, determinato dall’attività muscolare e modulato dai menischi, induce ad affermare che l’analisi dello stesso informa sullo stato di salute e di equilibrio proprio dell’articolazione.
Presupposto indispensabile affinché il movimento esplicato sia fisiologico, nel rispetto cioè dell’esigenza del risparmio energetico, è che risponda alle leggi del moto pendolare e questo si realizza solo quando i componenti delle singole articolazioni mantengono fra di loro, anche nel movimento, rapporti costanti nei tre piani dello spazio.
Il mantenere rapporti costanti fra le articolazioni è garanzia di sviluppo fisiologico e quindi simmetrico delle curve asintotiche dei processi di osteoblasi ed osteoclasi, relativi all’attività muscolare.
I movimenti mandibolari, quindi, evidenziano una condizione fisiologica dell’Atm allorquando si esperimentano in rappresentazioni grafiche caratterizzate da rapporti precisi e costanti.
Pertanto ad un’apertura normodimensionata devono corrispondere svincoli in anteriorità e lateralità anch’essi normodimensionati.
In particolare, nella norma, il rapporto tra la quantità di verticalità espressa nel movimento di apertura, l’estensione in anteriorità espressa nel movimento di protrusiva e l’estensione in lateralità espressa nel movimento di lateralità destra e sinistra, devono essere direttamente proporzionali.
La presenza di valori diversi da quelli riferibili alla norma, infatti, non necessariamente rappresenta una patologia, al contrario, nel caso di un’apertura limitata o esagerata, in virtù di particolari caratteristiche individuali, svincoli in anteriorità e in lateralità proporzionali saranno espressione di fisiologia individuale.
Certo, la valutazione del movimento e la comparazione di più movimenti è un compito senz’altro arduo e difficilmente apprezzabile clinicamente, ecco allora che un esame strumentale in grado di oggettivare e quantificare diventa supporto valido ed indispensabile per un’indagine diagnostica mirata non soltanto all’apprezzamento dei sintomi ma soprattutto all’interpretazione degli stessi, la risoluzione dei quali è condizionata dal fatto che essi possano trovare posto in una soddisfacente spiegazione etiopatogenetica in relazione alla forma stessa delle strutture.
LA KINESIOGRAFIA
La Kinesiografia è la disciplina che studia la funzione individuale attraverso il movimento della mandibola.
IL PENSIERO KINESIOGRAFICO:
NASCE dalla considerazione che qualsiasi movimento mandibolare è frutto di un’attività muscolare, e che tale attività è condizionata dall’impalcatura scheletrica dell’intero organismo e da qualunque forma di patologia organica.
SVILUPPA nella ricerca di uno schema di funzionamento generale e porta alla conoscenza del fatto che non sempre una patologia situa laddove origina ma si può manifestare in distretti corporei adiacenti (nel caso dell’apparato stomatognatico sotto forma di malocclusione e di trauma occlusale).
EVOLVE grazie al contributo di numerosi professionisti, fino a schematizzare, attraverso appropriate elaborazioni, il grafico del lavoro muscolare proprio dell’individuo.
La kinesiografia, in quanto rivolta allo studio dell’attività muscolare, guida:
NELLA FASE DIAGNOSTICA
Consente di individuare una patologia attraverso una serie di informazioni, che, desunte da un grafico di funzione individuale, permettono di risalire all’etiopatogenesi.
NELLA FASE PROGNOSTICA E PROGETTUALE
Suggerisce una chiara valutazione prognostica e consente di progettare una terapia che tenga conto di eventuali tensioni muscolari determinate da patologie esterne all’apparato stomatognatico, con conseguente reale diminuzione dei rischi di recidiva o di danni iatrogeni (quale esempio sindrome dell’ATM).
NEL CONTROLLO DELLE SINGOLE FASI DELLA TERAPIA
Offre la possibilità di verificare, in tempo reale, la risposta muscolare relativa ad ogni singolo intervento, consentendo di prevenire l’insorgere di parafunzioni spesso irreversibili, in quanto originate da reazioni a catena difficilmente controllabili.
NELLA FUNZIONALIZZAZIONE E VERIFICA FINALE
Preserva, grazie al quadro di insieme che è in grado di offrire, dagli insuccessi legati all’impossibilità di cogliere tutti quei particolari indispensabili ad un corretto funzionamento e quindi alla stabilità.
Tutto ciò consente di affrontare qualsiasi intervento, sia esso conservativo o riabilitativo, con accresciuta sicurezza, in quanto la capacità di prevedere le possibili reazioni del “sistema” favorisce quell’azione riequilibratrice cui qualsiasi atto medico deve tendere.
La kinesiografia fa emergere la consapevolezza che ogni paziente è portatore di una sua specificità, e qualunque intervento dovrebbe tenerne conto.
CONTROLLARE IL BILANCIAMENTO
Controllare se la bocca è ben bilanciata e se i denti si toccano alla perfezione non è assolutamente difficile: ancor valido, per farlo, il vecchio metodo usato dal dentista che consiste nell’uso di una carta copiativa che va fatta serrare tra i denti. A seconda delle tracce che si imprimono sulle arcate, lo specialista è in grado di valutare se c’è o meno una malocclusione. Oggi, inoltre, lo stesso controllo può essere effettuato anche con sistemi elettronici e con l’aiuto del computer. Una volta identificato il problema, inoltre, le soluzioni non mancano: nel caso di precontatti tra molari e premolari, per esempio, a volte è sufficiente limitare di pochissimi decimi di millimetro la superficie dei denti per riportare un perfetto equilibrio in bocca (e di conseguenza ristabilire il benessere di schiena e testa).
In altri casi, invece, occorre ricorrere ai bite, apparecchi simili a quelli per raddrizzare i denti dei più giovani che vanno portati durante la notte: obbligano la mandibola a mantenere una posizione di riposo, decontraggono i muscoli e alleviano i disturbi.
QUANDO FARLO
La verifica del combaciamento dei denti va effettuata ogni qualvolta la bocca viene modificata con lavori dentistici che possono alterare sequenza e carichi dei punti di contatto tra i denti superiori e inferiori. L’esame dell’occlusione è perciò necessaria dopo:
MAL DI TESTA e MAL DI SCHIENA
La salute dei denti può insospettabilmente riflettersi anche sul benessere di altre parti del corpo, che nulla sembrano avere a che fare con la bocca e la dentatura. Dietro a mal di testa inspiegabili o a dolorosi mal di schiena, per esempio, si può celare proprio un problema della bocca.
Tra i maggiori responsabili ci sono soprattutto il modo in cui si tengono normalmente i denti e la maniera in cui questi combaciano durante la masticazione.
LE ARCATE DENTARIE
Normalmente, le due arcate dentarie non si toccano a lungo e nell’arco di 24 ore non sono più di 5-10 minuti in cui i denti inferiori vengono a diretto contatto con quelli superiori. Alcune persone, però, hanno la tendenza a tenere sempre la bocca serrata e, così facendo, stressano eccessivamente l’articolazione temporo-mandibolare, il “giunto” naturale che permette i movimenti della mandibola.
Stesso rischio se si hanno problemi di malocclusione, ovvero se un dente tocca in anticipo, rispetto a quelli vicini, il dente che gli sta di fronte sull’arcata opposta. Questo precontatto è legato spesso al fatto di avere i denti storti, al non aver sostituito i denti caduti con una protesi, ma anche ad otturazioni mal fatte.
Tutte queste situazioni creano scompensi nei muscoli dell’articolazione della bocca che, con il tempo, determinano una vera e propria usura articolare che non tarda a dar segni della sua presenza: aprendo la bocca è facile sentire un rumore caratteristico , una sorta di scatto che si manifesta facilmente alla fine dello sbadiglio. Il disturbo è a volte accompagnato anche da un dolore sotto l’orecchio che si acutizza con la masticazione.
Lo scompenso dell’articolazione, inoltre, può innescare una sorta di reazione a catena che manda innaturalmente in trazione anche i muscoli della nuca e quelli del collo che vanno perciò a premere sulle radici nervose che innervano queste zone. Gli effetti finali della rottura di questi sottili equilibri e di queste tensioni innaturali posso proprio essere il mal di testa, il mal di schiena, o addirittura impercettibili deviazioni della colonna vertebrale.